Il corso per genitori con figli utenti dei servizi di neurospichiatria residenziale e semiresidenziale di Fraternità Giovani “Family Connection” ha compiuto i suoi primi dieci anni di vita. Grazie alla preziosa collaborazione con lo psicologo Giuseppe Bulgarini, sono tante le famiglie che qui hanno trovato un luogo di accoglienza nel quale esternare le proprie preoccupazioni e dove ricevere risposte professionali. “Gestire un ragazzo o una ragazza con una disregolazione emotiva accentuata non è facile, questo corso annuale è nato proprio per dare ai genitori di questi ragazzi gli strumenti per intervenire” spiega Bulgarini. La finalità del corso è aiutare i genitori a trovare un equilibrio fra l’accettazione dei comportamenti indicatori di disregolazione e il bisogno di cambiamento a cui tutto il nucleo famigliare è chiamato a rispondere. “Prima di tutto bisogna arrivare all’accettazione, quella vera, l’unica in grado di permettere ai genitori di fare un passo avanti ed essere realmente d’aiuto al figlio in difficoltà. Solo una volta stabilito questo è possibile perseguire un lavoro di cambiamento che coinvolga tutti” ha aggiunto Bulgarini.
Durante l’ultima lezione che si è tenuta alcuni giorni fa, i genitori hanno avuto modo di confrontarsi con una testimonianza particolarmente positiva: all’incontro ha partecipato anche un ragazzo che negli anni scorsi è stato utente del servizio semiresidenziale “Raggio di sole” in città. Dopo aver frequentato il centro per due anni, il giovane ha trovato un lavoro a tempo indeterminato nel campo della logistica e vive in una casa in affitto in completa autonomia. Un esempio vivente, come ce ne sono tanti, di come il percorso riabilitativo possa essere davvero efficace e risolutivo. Nell’ultimo incontro di Family Connection sono intervenute anche due mamme che hanno voluto portare la loro testimonianza: entrambi i loro figli hanno frequentato il centro residenziale “Raggio di sole” a Ome ed ora hanno un lavoro a tempo indeterminato nel campo che hanno scelto, e sono ben avviati lungo il percorso dell’autonomia. Uno di questi, addirittura, ha portato la fidanzata a vedere la comunità di Ome in cui ha trascorso due anni della sua vita e da cui ha intrapreso il suo percorso terapeutico insieme con la famiglia.