Il linguaggio che racconta le dipendenze sta cambiando: hanno fatto la loro comparsa nuovi fenomeni, seguiti, nel tentativo di spiegarli, da nuovi vocaboli. Così, sempre più spesso, sentiamo parlare di addictions, net addictions, internet addictions.
Ma di cosa stiamo parlando esattamente?
Partiamo dalle origini, che per il termine “addiction” sono latine: “addictus” indicava infatti lo stato dell’individuo reso schiavo per insolvenza dei propri debiti. L’addiction riprende il concetto dell’essere resi schiavi: indica, infatti, la schiavitù legata a un comportamento, alla necessità irrefrenabile di metterlo in atto. E’ proprio in questo che l’addiction si distingue dalla dipendenza: nel secondo caso, infatti, la persona subisce gli effetti di una sostanza chimica; chi è “addicted”, invece, non è condizionato da una sostanza, ma dall’abuso di un certo comportamento, del quale non può fare a meno.
Queste “dipendenze comportamentali” hanno conosciuto uno sviluppo esponenziale negli ultimi anni, in concomitanza con lo sviluppo delle nuove tecnologie e dell’utilizzo massivo di internet. La diffusione delle nuove tecnologie ha modificato profondamente non solo le abitudini delle persone, ma anche il loro modo di esprimersi e comunicare in situazioni sia normali che patologiche. La progressiva innovazione tecnologica ha incentivato la creazione di una società sempre più veloce, che da una parte genera stress, vuoto e noia, dall’altra incentiva la tendenza alla gratificazione immediata.
Esistono svariate forme di addictions, spesso legate a comportamenti in sé socialmente accettati – come navigare su internet, giocare, visitare i social network, usare lo smartphone, fare shopping online; ma il cui abuso conduce a rompere l’equilibrio della persona e della famiglia della quale questa è parte, in tutti i suoi aspetti: disturbi dell’attenzione, compromissione dello studio o del lavoro; difficoltà crescenti nel gestire i rapporti sociali e familiari, oltre che la vita quotidiana.
In alcuni casi l’insorgere delle difficoltà è legato all’utilizzo scorretto di internet, che sviluppa comportamenti patologici: è il caso della dipendenza da videogiochi o da relazioni virtuali, della porno dipendenza, della sindrome da sovraccarico cognitivo, dello shopping compulsivo e del fenomeno degli Hikikomori. Molti studiosi si riferiscono a questo complesso di patologie parlando di Disturbi correlati all’uso di Internet (Internet Related Disorders), mettendo in luce il fatto che si tratta di un insieme variegato di problematiche che soggetti particolarmente vulnerabili possono sviluppare utilizzando il web.
In altri casi, quella che si sviluppa è una vera e propria “fobia della disconnessione“. Internet, soprattutto per i giovani e giovani adulti, è sempre meno un mero strumento e sempre più un vero e proprio luogo di relazione: si tratta della naturale evoluzione dei nostri modi di comunicare nel secolo segnato dalla continua evoluzione tecnologica, ma diventa un problema quando il coinvolgimento della propria vita sui social diviene totale e le interazioni che avvengono attraverso il pc e lo smartphone divengono le sole e necessarie. A sperimentare questo tipo di addiction sono soprattutto i giovanissimi: ragazzi che non telefonano, ma aggiornano compulsivamente i propri profili social e sperimentano forti stati di disagio conseguenti all’impossibilità di connettersi alla rete o di utilizzare il proprio device tecnologico. Disturbi correlati a questo sono il vamping (ovvero il rimanere svegli fino alle prime ore del mattino – per l’appunto, come vampiri – da cui deriva il nome, per socializzare, chattare e tenere contatti con gli altri utenti della rete) e il work alcholism, cioè l’ossessione per il lavoro.
Ma chi sono gli “addicted” in Italia? i più colpiti sono senz’altro i nativi digitali, che oggi vivono immersi nella rete. Secondo il Rapporto sulla Comunicazione 2016 del Censis, il 98,5% degli adolescenti ha accesso a un pc e il 97,3 % possiede uno smartphone; due ragazzi su tre utilizzano il telefono cellulare per accedere ai social e, sempre più frequentemente, trascorrono in rete almeno un’ora al giorno. In particolare, i giovani più a rischio di sviluppare dipendenze sono quelli di età compresa tra i 13 e i 20 anni, soprattutto quelli più introversi e tendenti all’isolamento.
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